2012-09-28

Radiohead - 26 Settembre '12


Non ci sono parole per descrivere questo concerto. Vedere una band che adori dal vivo è sempre un'emozione fortissima.

Riporterò quindi un articolo di giornale che rispecchia e descrive al meglio la serata, pubblicato dal sito del Corriere del Veneto, nell'attesa di poter aggiungere magari qualche nota in merito io stessa (così pecco di originalità, ma pazienza).
Appena ho tempo vedrò di caricare inoltre su YouTube un paio di video girati al concerto. :)


Di seguito vedrete postate delle foto che ho scattato io stessa dalla mia prima/seconda fila al concerto: purtroppo non sono una professionista quindi non ho avuto il privilegio di stare tra il palco e le transenne come gli altri fotografi, ma ho cercato di fare comunque del mio meglio immortalando quei momenti.





Difficile aspettarsi qualcosa di più da un concerto. Dal punto di vista visivo e sonoro, il concerto dei Radiohead, mercoledì a Villa Manin di Codroipo (Udine), ha sfiorato la perfezione. Troppo semplice dire che eccellenza e Oxford fosse un binomio su cui andare sul sicuro. In realtà i Radiohead grazie alle precedenti tournée (con tante eccezioni, come per il live in Arena del 2001) si erano cuciti addosso la fama di band, dal vivo, troppo perfettina e distaccata. Reputazione spazzata via con le due ore di live di mercoledì.
Definire la scenografia imponente, è come dire che la Gioconda è un bel quadro. Un video wall lungo tutto il palco e alto sei metri dietro il quale si inserisce un muro luminoso, grande come la facciata di un palazzo a quattro piani composto da bottiglie di plastica riciclata, davanti cui si librano 12 schermi mobili uguali ad altri sei posizionati in alto. Una curiosità gli stessi “schermi volanti” sono stati usati dai Negramaro durante l'ultimo tour. Per il suono le parole servono ancora meno. Si potrebbe parlare di concept live, visto l'uniformità degli arrangiamenti proposti, che hanno fatto indossare alla musica dei Radiohead un bellissimo vestito fatto di sperimentazione ed elettronica, aloni di trip hop e funky uniforme almeno per il primo set, le sedici canzoni prima dei bis. Oltre alla qualità audio altissima dell'amplificazione e del missaggio dei suoni, quello che in realtà è fondamentale è la cura del suono prodotto dalla band vista con Thom Yorke alla voce (eccitato e scatenato sul palco), Jonny Greenwood alla chitarra, Ed O'Brien alla chitarra ritmica, Colin Greenwood al basso e Phil Selway alla batteria, a cui era aggiunto la batteria di Clive Deamer, già dei Portishead.
Suoni sommati all'infinito, uno sull'altro, adagiati, ampliati, stirati e spezzati dall'elettronica, dai missaggi e dai campionamenti, un prato all'inglese sui cui corre tutta la musica dei Radiohead che in questa stratificazione offre il meglio, tenendo come punto di riferimento l'ultimo “The King of Limbs” (otto canzoni su 24) e offrendo arrangiamenti importanti dei brani della carriera. Una scaletta che da “Lotus Flower” al delirio generale di “Paranoid Android” ha regalato viaggi nei circuiti più elettronici in “Bloom” a vortici emotivi come “The Gloaming”, momenti di vivo tormento in “Nude”, e tribalità postmoderna per “Reckoner” e “There There”. I bis sono stati più liberi cinque canzoni fino all'incanto di “Idioteque”.











































































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